sabato 26 dicembre 2009

Che cosa ci insegna la crisi economica

Riporto uno stralcio di quanto Luigino Bruni scrive nell'editoriale di Nuova Umanità XXXI, Marzo-Aprile 2009/2, n.182

"Oltre all'instabilità dovuta alla speculazione, c'è un'altra instabilità dovuta alla cartteristica della natura umana che fa sì che una larga parte delle nostre attività dipendano dall'ottimismo spontaneo e non da aspettative matematiche (...) [le nostre attività] sono il risultato di "animal spirits"." (J.M. Keynes, General theory, 1936)

"Il desiderio di possedere denaro e di accumulare ricchezza è una passione forte negli esseri umani (...). L'etica occidentale pre-moderna ha guardato con grande attenzione, e preoccupazione, l'amore per il denaro, annoverando l'avarizia tra i vizi capitali. L'avaro era visto come un nemico della comunità poiché, facendo del denaro non un mezzo per soddisfare i propri bisogni ma un fine in se stesso, impediva alla ricchezza di circolare e quindi di generare bene comune. (...) Per Aristotele quando l'attività economica di produzione e/o di scambio (mezzo) è svolta in vista del soddisfacimento del bisogno (fine) siamo all'interno della vocazione naturale e positiva della ricchezza.
Con la modernità si assiste progressivamente a una svolta nell'atteggiamento nei confronti della ricerca della ricchezza e del profitto, e l'avarizia (intesa come ricerca del denaro) da vizio si trasforma quasi in virtù, poiché cambia l'idea del bene comune, che non viene più associata alle virtù ma agli interessi. (...) L'amore per il denaro è stato considerato forse la virtù civile più importante della modernità (per i frutti indiretti che portava).
L'attuale crisi economica mostra che questa etica economica fondata sull'amore per il denaro e su un bene comune frutto dell'avidità individuale non funziona e va ripensata profondamente.
Il sistema economico tradizionale è entrato in crisi nella prima metà del XX secolo con la nascita del capitalismo finanziario, che ha cambiato radicalmente la natura del sistema economico, e anche della nostra vita. La finanza era già nata nel Seicento con la creazione delle prime borse valori e delle prime banche centrali, le quali, però, fino al Novecento avevano svolto una funzione sussidiaria all'economia reale, che restava il timoniere del mercato e della crescita economica e civile. Un centinaio di anni fa, soprattutto nei paesi anglosassoni, il baricentro del capitalismo si è spostato dall'economia reale all'economia finanziaria: le banche da una parte e i titoli di credito dall'altra. Questo cambiamento di "natura" del capitalismo ha prodotto alcune cose interessanti, tra cui la moltiplicazione dei consumi e con questi il boom del benessere economico in Occidente; ma tutto ciò è avvenuto a un costo molto alto: la trasformazione del sistema economico in una costruzione tremendamente fragile.
(...) Le crisi come questa che stiamo vivendo sono quindi la regola, non l'eccezione, del capitalismo finanziario, soprattutto oggi quando la globalizzazione amplifica gli effetti delle crisi, e la finanza di nuova generazione ha trovato strumenti sempre più sofisticati e sempre più lontani dall'economia e dal reddito reali.
Questa crisi attuale ci sta dicendo drammaticamente che il "capitalismo finanziario richiede un nuovo patto o una nuova alleanza globale, (...) un'alleanza che ridisegni la la nuova architettura del capitalismo di terza generazione, se vogliamo che queste crisi non diventino alla lunga davvero insostenibili.
(...) Questa crisi, nonostante la sua gravità e il grande dolore che sta procurando in tanti, può allora essere un'opportunità perchè si apra un vero dibattito sulla sostenibilità del capitalismo a cui abbiamo dato vita, e può creare le condizioni culturali perchè altre economie e altre finanze, che fino a pochi anni fa erano viste e considerate come proposte di nicchia e un po' ingenue, possano svilupparsi e cambiare la natura dell'economia di mercato.
(...) I sistemi economici cambiano natura quando la cultura degli uomini e delle donne diventa più complessa dell'economia, quando l'umano sopravanza l'economico. E' mia forte impressione che oggi stiamo assistendo a qualcosa di simile: l'individuo che è uscito dalla rivoluzione economica , industriale e culturale della modernità si sta accorgendo che un'economia e un mercato fondato sugli interessi individuali e sulla ricerca dei profitti, che "consuma" comunità, beni relazionali e beni ambientali, sta dando vita ad habitat tristi nei quali l'animale sociale uomo vive male. Sarà allora, ancora una volta, la sete di vita e e il desiderio di felicità delle persone a trovare soluzioni a questa crisi e a questo capitalismo. Oggi l'esito è radicalmente incerto, potrà essere progressivo o regressivo: ma in ogni caso saremo noi, tutti insieme, i protagonisti della storia che ci attende."

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