Che cos'è pensare? E' una domanda fondamentlae perchè dalla risposta che si dà ad essa dipende una cultura intera. Oggi, nell'Occidente in particolare, siamo in un momento delicatissimo: uno di quei corti e assai rari momenti di passaggio che segnano il tramonto di una cultura e l'albeggiare di una cultura nuova. Di fatto, sta tramontando, e sempre più velocemente, un certo modo di concepire - e di vivere - il pensare; e un nuovo paradigma si delinea, che è destinato a dare forma alla cultura del terzo millennio.

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Per il credente , tutto questo è opera di Dio che penetra nelle fibre, nelle viscere dell'uomo in cammino verso di Lui, e salva ciò che è morto in una vita nuova.Per il non credente, è il gioco misterioso della libertà dell'uomo alla ricerca di se stessa, prima di tutto di un suo fondamento tale che la faccia libertà possibile.
La riflessione è articolata accostando tre momenti fondamentali del pensare: uno del passato, uno del presente ma tramontante, uno del futuro ma germogliante già nell'oggi.
IL PENSARE COME MITO.
Il primo momento storico del pensare è quello mitico.
Essendo esso autenticamente e originariamente umano, lo troveremo sempre presente nelle altre forme del pensare. L'uomo che pensa nel mito è immerso nel divino, che è tutta la realtà percepita onticamente come mistero incomprensibile. L'uomo del mito esperimenta una comunione profonda con tutto quanto lo avvolge. L'espressione tipica della cultura del mito è il rito: quell'insieme di azioni - gesti e parole - che servono a custodire l'originaria unità del tutto, l'Arché, e fanno vivere l'uomo in questa Arché, in un oggi atemporale nel quale passato-presente-futuro trascolorano e passano l'uno nell'altro. La figura dominante della cultura del mito è quella del sacerdote.
Nella cultura del mito chi è che pensa? Non può essere il singolo come tale (il singolo è sempre "lacerazione" del tutto): è il "gruppo", cui il singolo è identificato. E l'unità del gruppo custodisce l'unità dell'Inizio: è il gruppo che custodisce il singolo nel divino, nell'Origine.
E' il gruppo allora che pensa.
Per l'uomo del mito, il pensare è tutto e solo vita: non si espreime ancora in quei frutti della mente che saranno i concetti, ma in un semplice guardare degli uomini con infinito stupore le cose e se stessi immersi nel grembo divino, nell'Arché originaria.
La cultura del mito è fondamentalmente memoria dell'unità originaria ma piagata dalla percezione dolorosa di avere in qualche modo smarrito quel luogo. E' il rito che deve ricuperare quel luogo sacro. La categoria fondamentale del pensare è, dunque, la memoria piagata, il ricordo del mistero vivo in cui si era immersi e in cui bisogna continuamente reimmergersi.
Per questo primeggia il Bene, come quell'insieme di Norme venute dall'Arché e la cui obbedienza assicura, contro la forza perversa della disunione, la permanenza nell'Origine divina.
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