
Praticare il silenzio... qualcosa che sembra in contraddizione con quanto la società odierna desidera da ciascuno di noi ma che, spesso, ci puo' salvare dall'appiattimento di noi stessi.
La caratteristica del silenzio è la sua eccezzionalità nel riuscire ad innescare nell'individuo che lo pratica un processo evolutivo di tale intensità da modificare atteggiamenti e abitudini. Molti personaggi chiave della Bibbia hanno avuto, nel silenzio del deserto, momenti mistici importanti nei quali Dio si è manifestato. Il silenzio del deserto, per loro, ha risuonato.
Essere in silenzio, esserne immersi, significa avere la possibilità di meditare, esercitare quella capacità che l'uomo ha di trovarsi assieme con sè stesso ritrovandosi con la sua origine ed originalità. A volte il silenzio è piu' eloquente delle parole. A volte tante parole, probabilmente, non verrebbero ascoltate e quindi, in questi casi, il silenzio sarebbe piu' incisivo.
Nel silenzio l'uomo è chiamato a riscoprire la propria memoria dandosi cosi' occasione per continuare la sua evoluzione interiore al fine di raggiungere, passo dopo passo, la propria realizzazione. Nelle penetrazione in sè stesso l'uomo non solo si ritrova cosi' come ritrova la propria ancestrale origine, ma diviene aperto all'accettazione degli altri, diviene sempre piu' uomo in relazione, pronto ad amare e quindi ad uscire da sè.
Nella tradizione giapponese spesso stare in silenzio ha una valenza che non è solamente non dire qualcosa ma è la consapevolezza di essere parte di un gruppo sociale che ha bisogno di ascolto... "Il chiodo che sporge verrà martellato" (Deru kui wa utareru).
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