mercoledì 21 maggio 2014

Tazzina insoddisfacente? La colpa è di tanti


Dai clienti frettolosi ai baristi disinformati: i consigli degli esperti per una pausa-caffè davvero “buona”
tratto da Il Piccolo del 19 maggio - di Patrizia Piccione

Una tempesta in un bicchiere d’acqua. Anzi, un maremoto in una tazzina
di caffè: ad agitare di recente il mare della comunità caffeicola italiana
erano stati i pessimi voti in pagella a bar e caffetterie del Belpaese assegnati dall’assaggiatore di caffè Andrej Godina, triestino, nell’indagine per Report. A scatenare il vespaio di polemiche, la lista di criticità riscontrate dal cup taster in missione caffè assieme al giornalista Bernardo Iovine. Tra cui le lapidarie parole «rancida, amara e bruciacchiata» rivolte alla tazzina del Caffè Gambrinus di Napoli.

«La mia valutazione complessiva sulla qualità – come ha replicato – non intendeva gettare fango sulla categoria ma stimolare una riflessione critica costruttiva con l’obiettivo di migliorare uno dei fiori all’occhiello delle eccellenze italiane. Una materia articolata di cui soprattutto il consumatore ma anche la stragrande maggioranza dei baristi sa poco», ha aggiunto Godina, formatore di Scae, la Speciality Coffee Association of Europe.
Questa, in apertura dell’informale chiacchierata ospitata venerdì scorso all’Antico Caffè San Marco, la premessa per commentare i dati emersi nella trasmissione del 7 aprile. A parlare, oltre a Godina, il responsabile della qualità dell’azienda importatrice di caffè verde Sandalj Trading Company, Edy Bieker, il giornalista Alessandro Marzo Magno, autore di “Il genio del gusto”, il curatore del Museo del caffè Gianni Pistrini; moderatore il torrefattore Fabrizio Polojaz. Piccolo giro del mondo nella storia della “kaffa” con lo storico Marzo Magno, che nel capitolo sul caffè ne ricostruisce le origini.


Tornando ai 7 in condotta dell’espresso, pare che solo in un’esigua percentuale di bar si ha la fortuna di bere un caffè come si deve. «È ben vero che il gusto è soggettivo, ma è altrettanto vero che alla base di una buona miscela ci sono buone qualità, condizione imprescindibile per avere una tazza equilibrata», ha precisato Bieker, tracciando un auspicabile parallelismo di attenzione come per il vino. Corresponsabile del dilagare della mala-tazzina, il cliente: disinformato, frettoloso, di bocca buona, all’oscuro insomma di ciò che beve. Sia in termini di materia prima sia di figure professionali, dal coltivatore d’origine, passando per l’importatore e il torrefattore fino al barista, il “deus ex machina” del rito collettivo che coinvolge milioni di italiani. Nonché una delle 4 “M” di un buon espresso: miscela, macinatura, macchina e mano del barista. La disarmante poca (in)formazione dei baristi è emersa in chiave quasi comica a Report. Alla domanda di Godina se in tazza ci fossero Robusta o Arabica, la barista ha risposto: «No, è la miscela Fratelli Vattelapesca».
Il biglietto da visita di un espresso deluxe è la crema, da cui sprigionano gli aromi. «Non buttate giù qualsiasi cosa vi servano – raccomandano gli esperti - se l’espresso ha una crema misera o sprigiona un sentore sgradevole, rispeditelo, come si fa con un calice di vino che sa di tappo, al mittente».

Nessun commento:

Posta un commento