domenica 16 aprile 2023

IMA Coffee Lab, il primo evento di formazione sul tema del caffè verde per le torrefazioni - marzo 2023

Nelle giornate del 29 e del 30 di marzo ho avuto il piacere di co-organizzare, assieme al caffesperto Massimiliano Marchesi, la prima sessione di formazione dedicata alle torrefazioni sul tema del caffè verde. Il primo giorno è stato dedicato alla certificazione del modulo del Green Coffee della Specialty Coffee Association durante il quale sono stati trattati gli argomenti legati alla botanica del caffè, ai metodi di processamento, ai paesi di origine, alla classificazione Specialty riservata agli Arabica e al riconoscimento dei difetti del caffè verde. I partecipanti sono state torrefazioni internazionali che desideravano approfondire l’argomento del controllo qualità del verde e di come scegliere i lotti migliori per l’estrazione in miscele per l’espresso e per il mono porzionato.

La seconda giornata è stata un vero e proprio “open day” durante il quale si è proceduto a seguire le sessioni dal vivo sulla selezione dei difetti del caffè verde e di tostatura grazie alla messa in funzione dell’impianto pilota dell’IMA Coffee Lab. In particolare le sessioni di lavoro sono state incentrate sulla selezionatura per densità e ottica dei chicchi verdi e della tostatura con le due tecnologie che Ima Petroncini propone ai suoi clienti. Durante open day il mio intervento sul palco dal titolo “The green coffee: an experiential journey starting off in the plantation“ ho sottolineato quanto siano importanti per il torrefattore i seguenti spunti/considerazioni:

-       ARABICA vs CANEPHORA: spesso queste due specie botaniche vengono considerate simili tanto che per le torrefazioni che tostano premiscelato vengono assemblate naturalmente assieme. Attenzione a cadere in questo luogo comune perché in realtà trattasi di sue specie botaniche differenti, la prima con 44 cromosomi e la seconda con 22, hanno cioè una composizione chimica e fisica molto differenti. Ovviamente il loro flavore in tazza è completamente differente! E come se definissi una mela allo stesso modo di una pera oppure che facessi uno strudel di mele con le pere. Ecco che una maggiore cultura di prodotto diviso per specie botanica con l’indicazione sulla confezione delle sue caratteristiche sdarebbe utile per una migliore e più corretta comunicazione al consumatore. L’Arabica non è migliore della Canephora, semplicemente sono due specie differenti, hanno flavori diversi ed ecco perché bisognerebbe dare maggiore valore al 100% Canephora!

-       IBRIDO DE TIMOR: tutte le varietà della specie Arabica sono particolarmente suscettibili alle malattie in particolare alla ruggine del caffè. Per questo motivo da qualche decennio nella maggior parte dei paesi di produzione le antiche varietà di Arabica sono state sostituite da nuovi ibridi incrociati con l’ibrido de Timor che è un incrocio naturale tra Arabica e Robusta. Da questi nuovi ibridi si è aumentata la resistenza alle malattie ma la qualità di tazza è notevolmente diminuita. Ecco perché le ricette storiche delle miscele delle torrefazioni non sono più attuali e valide… il caffè Colombia Supremo di 20 anni fa non è più quello di oggi così come il Costarica Tournon, il Brasile Alta Mogiana o il Guatemala Pastores. Risulta quindi necessario in torrefazione acquisire alte competenze di assaggio e di selezione della materia prima per rivedere le vecchie ricette delle miscele e scegliere nuovi caffè per un doveroso aggiornamento!

-       SOSTENIBILITA’: questo è un tema sempre più attuale e che in alcuni paesi all’estero è un “must” per la maggior parte dei consumatori. Per questo motivo il torrefattore informarsi, deve viaggiare nei paesi di origine, deve conoscere fino alla piantagione il prodotto che compra e deve stabilire i suoi minimi criteri di sostenibilità. Per esempio, se una miscele deve essere sostenibile per l’ambiente, non può di certo contenere percentuali di caffè brasiliano coltivato nelle enormi fazende con gli alberi esposti completamente al sole dove non ci sono alberi e si usano diserbanti e fertilizzanti chimici!


Al centro dell’Open Day in IMA Petroncini c’è stata la presentazione ai clienti del nuovissimo impianto pilota che permette di svolgere tutte le lavorazioni del caffè, dal chicco verde al confezionamento del caffè tostato, anche in capsula. Gli ospiti hanno potuto vedere in funzione l’impianto pilota di selezione del verde e hanno assaggiato in cupping il caffè prima e dopo la selezione in modo da verificare l’efficacia della selezione del verde. La selezione densimetrica e ottica è in grado di eliminare i chicchi difettati, deformati, attaccati da insetti o funghi, la cui presenza inevitabilmente va ad influire negativamente sul risultato in tazza. Il caffè verde utilizzato per la dimostrazione è stato un Arabica Etiopia Djimma della Sandalj Trading Company con un’alta percentuale di difetti. La sessione di assaggio, guidata da Massimiliano Marchesi, ha utilizzato il protocollo di cupping della Specialty Coffee Association, un metodo di assaggio del caffè in infusione che usa parametri standard che rendono il più possibile oggettiva la valutazione della tazza. 

Massimiliano Marchesi: “I risultati del test della selezione del verde sono stati sorprendenti. A fronte di un caffè che presentava evidenti difetti sensoriali, come note di sovra fermentazione, gomma bruciata, terra e muffa, dopo la selezione densimetrica e con macchina ottica della Cimbria, il caffè è risultato decisamente più pulito, capace di avere note positive di pane tostato, biscotto e leggere note fruttate di agrumi. Le conclusioni dell’Open Day sono state duplici, la prima è quanto sia importante l’assaggio del caffè verde da parte degli operatori del settore lungo tutta la filiera e in particolare da parte dei torrefattori, che devono essere opportunamente formati ad un assaggio tecnico che permetta loro una valutazione oggettiva della merce che comprano. La seconda è quanto sia importante ed efficace un’accurata selezione del caffè verde acquistato, per liberarlo dai possibili chicchi difettati la cui presenza inevitabilmente compromette negativamente il risultato in tazza.”

 

Per partecipare ai prossimi eventi dell’IMA Coffee Lab è possibile inviare una email a Chiara Gasparini – chiara.gasparini@ima.it

sabato 1 aprile 2023

29-30 marzo 2023 - il primo appuntamento di formazione sul caffè verde presso l'IMA COFFEE LAB, un'occasione per trattare i temi importanti sull'acquisto del caffè verde in torrefazione

Nelle giornate del 29 e del 30 di marzo ho avuto il piacere di co-organizzare, assieme al caffesperto Massimiliano Marchesi, la prima sessione di formazione dedicata alle torrefazioni sul tema del caffè verde. Il primo giorno è stato dedicato alla certificazione del modulo del green coffee della Specialty Coffee Association durante il quale sono stati trattati gli argomenti legati in particolare alla botanica del caffè, ai metodi di processamento, alla classificazione Specialty riservata agli Arabica e al riconoscimento dei difetti del caffè verde. I partecipanti sono state torrefazioni internazionali che desideravano approfondire l’argomento del controllo qualità del verde e di come scegliere i lotti migliori per l’estrazione in espresso e per il mono porzionato.

La seconda giornata è stata un vero e proprio “open day” durante il quale gli argomenti di selezione dei difetti sul caffè verde è stato messo in pratica grazie alla messa in funzione dell’impianto pilota del coffee lab. In particolare le sessioni di lavoro sono state incentrate sulla selezionatura per densità ed ottica del caffè verde e delle due tecnologie di tostatura che Ima Petroncini propone ai suoi clienti. Durante il mio intervento sul palco del coffee lab dal titolo “ The green coffee: an experiential journey starting off in the plantation “ ho sottolineato quanto siano importanti per il torrefattore i seguenti spunti/considerazioni:

-       ARABICA VS CANEPHORA: spesso queste due specie botaniche vengono considerate simili tanto che per le torrefazioni che tostano premiscelato vengono assemblate assieme. Attenzione perché trattasi di sue specie botaniche differenti, la prima con 44 cromosomi e la seconda con 22, hanno una composizione chimica differente e caratteristiche fisiche diverse. Ovviamente il loro flavore in tazza è completamente differente! E come se definissi una mela allo stesso modo di una pera oppure che facessi uno strudel di mele anziché con le mele con le pere. Ecco che una maggiore cultura di prodotto diviso per specie con l’indicazione sulla confezione delle sue caratteristiche sdarebbe utile per una più corretta comunicazione al consumatore. L’Arabica non è migliore della Cenephora, semplicemente sono due specie differenti, ecco perché bisognerebbe dare maggiore valore al 100% Canephora!

-       IBRIDO DE TIMOR: tutte le varietà della specie Arabica sono particolarmente suscettibili alle malattie in particolare alla ruggine del caffè. Ecco che da qualche decennio nella maggior parte dei paesi di produzione le antiche varietà di Arabica sono state sostituite da nuovi ibridi incrociati con l’ibridi de Timor che è un incrocio natura tra Arabica e Robusta. Da queste nuove cultivar si è aumentata la resistenza alle malattie ma la qualità di tazza è notevolmente diminuita. Ecco perché le ricette storiche delle miscele delle torrefazioni non sono più attuali e valide… il caffè Colombia supremo di 20 anni fa non è più quello di oggi così come il Costatrica Tournon, Il Brasile Alta Mogiana o il Guatemala Pastores. Risulta quindi necessario in torrefazione acquisire alte competenze di assaggio e di selezione della materia prima per rivedere le vecchie ricette delle miscele e scegliere nuovi caffè per mantenere in tazza il medesimo flavore di una volta!

-       SOSTENIBILITA’: questo è un tema sempre di più attuale e che in alcuni paesi all’estero è un “must” per la maggior parte dei consumatori. Ecco che il torrefattore oggi deve viaggiare nei paesi di origine, deve conoscere fino alla fonte il prodotto che compra e deve stabilire i suoi minimi criteri di sostenibilità. Per esempio, se un caffè deve essere sostenibile per l’ambiente, non può di certo contenere percentuali di caffè brasiliano coltivato nelle enormi fazende con gli alberi esposti completamente al sole dove si usano diserbanti, fertilizzanti e abbondanti irrigazioni!




sabato 11 marzo 2023

Il caffè servito al ristorante è davvero buono?

Nella mia esperienza di lavoro nel campo del caffè come assaggiatore ho avuto modo di fare centinaia di visite ai ristoranti in occasione di trasferte di lavoro in Italia , dalle regioni del nord Italia lungo tutta la penisola fino ad arrivare alla Sicilia.

La qualità media dei caffè offerti nei ristoranti è davvero pessima. Per avvalorare questa mia tesi ho pensato di interpellare alcuni professionisti che, ciascuno per il suo specifico ambito di competenza, possano dare una panoramica su questo argomento, ovvero della qualità del caffè al ristorante. Il sondaggio che ho fatto è semplice, ho chiesto a una ventina di persone di segnalarmi se nelle ultime 20 visite al ristorante la qualità del caffè servito al tavolo fosse ottima. Le persone mi hanno risposto come di seguito riportato, alcuni di loro mi hanno dato il consenso per essere citati, altri hanno preferito rimanere anonimi:

Alex Revelli Sordiniprofessore di comunicazione delle culture e politiche alimentari presso Università Telematica San Raffaele Roma – Giornalista, intervistato nel film documentario Caffè e Vino, due mondi un documentario

“1 solo caffè”

 

Nadia Roberta Rossi, giornalista settore horeca

“Nessuno, anche se non prendo più il caffè al ristorante, soprattutto quando sono a Milano preferisco andare a casa e preparalo da sola”.

 

Stefania Leo, giornalista enogastronomica 

“Nessuno” 

 

Massimiliano Tonellidocente allo IULM, direttore editoriale di Artribune

“Non prendo più il caffè al ristorante, rinuncio al caffè e cerco il bar tra quelli che conosco più vicino dove so che posso bere un ottimo caffè, magari Specialty. La situazione è triste e non è neanche in evoluzione, i ristoratori continuano a non capire l’importanza di questo aspetto, continuano a essere convinti che i loro clienti non vogliono essere in alcun modo portati fuori dal solito gusto, dai soliti sentori che hanno sempre sperimentato. Non hanno voglia di cambiare e di fare cultura su questo argomento. La situazione rimane immobile.”

 

Leonardo Maggiori, imprenditore, Coffee & Ospitality Expert 

“Non prendo più il caffè al ristorante perché la qualità offerta è pessima” 

 

Fosca Tortorelli, consulente food & Wine, giornalista

“4 caffè”

 

Samuele Ambrosi, mixologist, trainer ufficiale AIBES, campione del mondo, Campari Ambassador

“Nessuno” 

 

Alessandra FenyvesFood Drink Tourism & Lifestyle Expert, Writer presso Scatti di Gusto, FashionLifeMagazine, La Gazzetta dello Sport, Tastefollies, Thewaymagazine, Food&Travel

“Nessuno” 

 

Paolo Petrussa, titolare dell’azienda agricola Paolo Petrussa 

“6 caffè” 

 

Giancarlo Samaritani, il mercante del caffè, caffesperto intervistato nel film documentario Caffè e Vino, due mondi un documentario.

“Da tempo ho perso l’abitudine di ordine il caffè al ristorante per evitare delusioni” 

 

Barbara Todisco, Espresso Comunicazione – Trieste 

“1 solo caffè”

 

Michela Becchi, Web editor Gambero Rosso e Gambero Rosso International

“Negli ultimi anni ricordo solamente 4/5 caffè ottimi”

 

Francesco Sanapo, titolare della micro torrefazione “Ditta Artigianale” – Firenze 

“Solamente 2 caffè, escludendo i miei clienti” 

 

Nando Salemme, ristorante Abraxas Osteria – Pozzuoli 

“1 solo caffè”

 

Manrico Musci, titolare della micro torrefazione “La Milanesa” – Gallarate 

“Nessuno, escludendo i miei clienti” 

 

Hanno chiesto di rimanere anonimi le seguenti persone:

“Forse uno o due” – titolare di una delle enoteche più rinomate di Trieste

“1 solo caffè” – giornalista del settore Horeca – Milano 

“Solamente due” – giornalista stampa generalista – Trieste 

“Solamente 2” – giornalista enogastronomico – Roma

“1 solo caffè” – giornalista enogastronomico – Torino 

“Nessuno” – sommelier, delegato regionale AIS

 

Facendo un semplice calcolo è emerso che gli intervistati hanno sentenziato che su 20 delle ultime esperienze al ristorante da loro vissute solamente il 7,6% è riuscita a dare un ottimo esito sulla qualità del caffè servito a fine pasto. Non credo siano necessari ulteriori commenti da parte mia su questa miserevole percentuale che dipinge in modo chiaro, autorevole e impietoso lo stato dei fatti della qualità del caffè nel mondo della ristorazione italiana.

Per sottolineare ulteriormente quanto sopra detto vorrei riportare due interventi iconici contenuti nel film documentario Caffè e Vino – www.caffeevino.it ovvero delle interviste rilasciate davanti alle telecamere di Vincenzo Lamagna regista del documentario dello chef stellato Gennaro Esposito del ristorante Torre del Saracino e di Massimiliano Tonelli.

 

Gennaro Esposito: “l’esperienza del caffè al ristorante tante volte è un’esperienza da evitare, terribile, tante volte mi dicono “non prendiamo qui il caffè andiamo in quel bar perché qui il caffè non lo sanno fare” (…) al ristorante uno ha fatto una serie di cose meravigliose e poi sul caffè spesso scegliamo di affidarci a dei produttori di caffè e a delle miscele che non rendono onore degnamente a tutto quello che uno chef o un ristoratore ha fatto così bene fino a quel momento. Il caffè spesso non segue la logica qualitativa delle altre cose che ti arrivano al tavolo. (…) Io a Napoli faccio fatica a bere un caffè di qualità, sono pochi i punti di riferimento che ho personalmente e dove vado a prendere il caffè (…) noi mediamente beviamo caffè bruciati, stratostati, chiaramente il torrefattore tosta il caffè tantissimo anche per coprire tutta una serie di magagne derivanti dal fatto che non si usano origini di qualità (…)”.

 

Massimiliano Tonelli intervistato quando ricopriva il ruolo di direttore editoriale del Gambero Rosso:

Il caffè nel mondo della gastronomia e nei ristoranti gourmet in relazione al lavoro di ricerca dei grandi chef è una storia incredibile in questo momento storico, nei ristoranti si fa ricerca su tutto sostanzialmente, dagli oggetti, ai materiali , alle luci, alla tipologia di musica e di suono e di isolamento acustico, per arrivare ovviamente a una attenzione straordinaria sul personale, ovviamente sulle materie prime, sulle ricette, nell’ultimo decennio un’attenzione straordinaria al mondo del pane, tutto viene sviscerato, tutto viene portato a un livello massimo di ricerca e poi alla fine il ristoratore, il cuoco o il grande chef iper premiato ti manda a casa con in bocca un tatuaggio squallido, banale di un espresso qualsiasi. Non è dappertutto così ma la schiacciante maggioranza dei ristoranti non cura questo aspetto.

 

Ormai da oltre 20 anni frequento il mondo della ristorazione con visite ad alcuni ristoranti stellati, osterie Slow Food e ristoranti segnalati da Guide più o meno note o non segnalati affatto e non mi sono ancora rassegnato a tentare di prendere il caffè a fine pasto. Sfortunatamente l’esito è pressoché sempre deludente e la qualità del caffè è bassa e spesso con la presenza di difetti sensoriali. 

 

Mi auguro che il mondo del caffè possa aiutare la ristorazione a elevare lo standard medio del caffè a fine pasto attraverso la formazione, prodotti di migliore qualità e l’offerta di carte dei caffè consapevoli e con evidenti differenze sensoriali.

Il raccolto del caffè in una piantagione in Honduras -

Con la Guida del camaleonte vi porto a scoprire la raccolta delle drupe mature in una piantagione di caffè. Nella maggior parte delle piantagioni di caffè i frutti sono raccolti a mano, uno per uno, facendo una selezione solamente di quelli perfettamente maturi.

 

La pianta del caffè raccontata direttamente da Finca Rio Colorado in Honduras

Dall'Honduras per la Guida del Camaleonte ecco un mio video che racconta qualcosa sulla pianta del caffè! www.guidadeicaffe.com

Enjoy



I modelli di e-commerce per il mondo del caffè, un'intervista con Paolo Andrigo

La mia intervista a Paolo Andrigo durante il viaggio Aromateller Expert nelle piantagioni del caffè della Slow Food Las Capucas Sustainable Coffee Village

Il corso di formazione Aromateller Expert di B.farm è un viaggio alla scoperta della filiera di produzione del caffè nei paesi di produzione. 

https://bfarm.it/viaggia-con-noi/

L’edizione di fine 2022 è stata l’occasione per affrontare i temi legati ai modelli di e-commerce lungo la lunga filiera del caffè con Paolo Andrigo, Director in Accenture. Paolo ha una profonda esperienza e conoscenza delle trasformazioni digitali nelle aziende del largo consumo e delle opportunità di sviluppo nel mondo del fuori casa ed è la prima volta che ha avuto l’opportunità di toccare con mano tutte le fasi di processo per la produzione di un caffè in piantagione. Il viaggio Aromateller Expert è stato pensato e organizzato con il fine di immergere i partecipanti nelle attività che sono necessarie per produrre il caffè esportabile. Il campus è un vero e proprio laboratorio produttivo esperienziale in cui si parte dalla semina della pianta nel vivaio, il suo trasferimento in piantagione a cielo aperto, con la raccolta dei frutti e i metodi di processamento e con una formazione tecnica anche sul controllo qualità del caffè verde e sull’assaggio in cupping.

 

Paolo, questo è uno degli argomenti di cui tu sei esperto, i modelli di e-commerce. Secondo te quale ruolo questo tipo di strumenti dovrebbero avere nella filiera del caffè, in particolare nei paesi di produzione?

Paolo Andrigo: “i modelli di e-commerce stanno cambiando ed evolvendo a una volocità incredibile, il digitale e i modelli di digital commerce stanno sempre di più invadendo la nostra vita quotidiana ma anche la filiera del caffè. Qui in Honduras, parlando con la coperatica Capucas e con le aziende esportatrici, nonché con i trader internazionali, tutti si stanno aprendo le porte alla digitalizzazione e alla creazione di modelli alternativi. Quindi, come sta succedendo nellle aziende di largo consumo che stanno cercando di aprirsi il loro e-commerce diretto, di entrare in marketplace tipo Amazon e monitorare come posizionarsi all’interno di Amazon, di crearsi il proprio marketplace anche un-branded, così allo stesso modo cambia il loro rapporto che hanno con il loro cliente. Penso per esempio alle aziende del caffè e del mondo beverage che hanno iniziato a digitalizzare l’esperienza con il barista, il ristoratore oramai ha a disposizione numerose piattaforme di e-commerce per fare i suoi ordini. Lo stesso sta avvenendo nella filiera del caffè a valle quindi per esempio Algrano è una digital native platform che consente di mettere in relazione attraverso un ecommerce le cooperative e i farmer con i compratori. C’è anche uno Storytelling importante, si va a raccontare anche la storia di famiglie che coltivano il caffè, la storia del prodotto. Anche qualche trader incomincia a creare i suoi modelli di e-commerce come per esempio Alkaff con lo sviluppo di un’app per avere soluzioni di e-commerce. Quindi la cooperativa nel paese di produzione iniziano a chiedersi: ma non possiamo farlo anche noi? Potrei distribuire direttamente? Potrei crearmi io un mio un modello di e-commerce per vendere direttamente al torrefattore?, e magari completandolo e arricchendolo con filtri per origine, per metodo di lavorazione, per varietà botanica, e quindi creare un range di filtri che permettano di scegliere molto meglio il prodotto. Questa è la sfida che nasconde il rischio che in questo modo si vada in concorrenza con quelli che prima erano i loro clienti. Questo è lo specchio di ciò che sta succedendo nel mercato di largo consumo, è un mercato che diventa sempre più liquido e fluido, il digitale aiuta ad aprire queste porte e cambia gli equilibri che ci sono tra questi operatori.

Questi nuovi modelli di piattaforme digitali, oltre che ad essere strumenti che permettano ai produttori di caffè di rivolgersi all’esterno, ai compratori, potrebbero essere anche rivolte verso una riorganizzazione interna a ciascun paese. Per esempio qui in Honduras tutti i piccoli produttori potrebbero essere registrati in una piattaforma centralizzata a livello paese in modo che qualsiasi cooperativa o dita esportatrice potrebbe selezionare il suo raccolto e comprarlo online.  

 

Paolo Andrigo: “esatto Andrej, è quello che succede per esempio con Coca-Cola che ha in Italia un marketplace che distribuisce anche prodotti di terzi, e queasto lo stanno facendo anche altri. La stessa cosa potrebbe farla una singola cooperativa che gestisce il marketplace che mette in collegamento altri partner e quindi riesce ad avere in mano la regia del mercato del paese produttore.”

 

Questa soluzione sarebbe ideale per il paese che in questo modo verso l’esterno crea un brand del paese più forte, si avrebbe una tracciabilità estesa della filiera del prodotto e una disponibilità di informazioni generalizzate uguali per tutti e in più riuscirebbe si riuscirebbe a calmierare le oscillazioni della borsa merci garantendo ai produttori un prezzo di vendita più stabile. In questo modo essendoci un unico canale di siti di vendita verso l’esterno si riuscirebbe a ottenere almeno quel minimo di prezzo che permette di recuperare i costi di produzione.

 

Paolo Andrigo: “le aziende in Honduras non devono solamente creare la piattaforma ma bensì i contenuti per animarla, come hanno fatto le altre aziende di largo consumo come Amazon, una piattaforma che crea un’esperienza di acquisto, unica, sia per il B2B che per il B2C. Perché non pensare di rivolgersi anche al mercato B2C dove il lotto di acquisto non è più il container da 18 tonnellate ma è magari un sacco o mezzo sacco per il coffee lover. In questo momen to lo spostamento su questo livello di mercato è impensabile, è prima necessario avviare delle piattaforme efficienti per il B2B, dalla cooperativa nei paesi di produzione che arriva alla micro roastery nei paesi di consumo, il “bean to roaster”.

 

Esatto, questa visione della piattaforma B2C sarebbe inizialmente molto interessante pe ril consumo interno dei paesi di produzione dove la piantagione è vicina al luogo di consumo e dove si stanno moltiplicando le piccole realtà di micro torrefazione che offrono ai loro clienti micro lotti di alta qualità. Qui il barista potrebbe comprarsi direttamente il caffè tostato di un certo produttore con un certo flavore in modo che almeno nel mercato interno un mercato più efficiente. Per esempio qui vicino a Santa Rosa de Copan ci sono 35 micro roastery con caffetterie Specialty, una cittadina di 50.0000 abitanti, e tutte sono scollegate tra di loro, non c’è una mappa che i turisti possono utilizzare per un’esperienza digitale a tutto tondo per chi visita l’Honduras. 

Il modello sarebbe quello che è stato sviluppato per il mondo del vino, la strada del vino, le visite in cantina, l’esperienza della vendemmia, le degustazioni. L’Honduras dovrebbe essere in grado di offrire ai micro roasters un viaggio guidato all’interno del paese che gli permette di visitare le piantagioni, assaggiare e sceglier ei migliori caffè e una piattaforma on line per l’acquisto che gli garantisce con un click la spedizione e la migliore soluzione logistica per fargli arrivare il caffè a casa sua, in conclusione un’esperienza completamente digitalizzata.

 

Paolo Andrigo: “per fare questo è necessario avere delle risorse interne al paese formate, bisogna avere qualcuno che crea i contenuti, immagini, storie da raccontare, video, ecc. La Blockchain non è sufficiente, la blockchain raccoglie numeri, qui è necessario raccontare delle storie. Lo storytelling è importante. E’ necessario creare delle nuove figure professionali di storyteller in grado di raccontare la filiera e le caratteristiche del prodotto. E’ necessario quindi creare contenuti numerici per la blockchain, contenuti testuali e contenti foto e video. Oggi nel mondo del vino tu fai la foto dell’etichetta della bottiglia e tamite una app ottieni tutte le informazioni. Questo nel mondo del caffè oggi non c’è, bisognerebbe creare un sistema che dalla foto della tazzina riesco ad ottenere tutte le informazioni su quel caffè. Il barista, quando arriva il caffè tostato, dovrebbe essere in grado di aggiornare la piattaforma digitale nel bar che fornisce le informazioni ai clienti in modo da fornire sempre e in tempo reale la storia del caffè servito. Oggi puoi sapere quale caffè stai bevendo, puoi leggerne la storia, per dargli una valutazione, un punteggio che potrebbe arrivare al farmer, al torrefattore, per sapere il gradimento dei loro prodotti. In questo modo si riesce a ingaggiare anche il consumatore finale sull’esperienza di consumo e in qualche modo si è in grado di chiudere il cerchio.”

 

In questo modo il consumatore finale potrebbe non solamente lasciate il commento della sua esperienza di consumo ma potrebbe lasciare una mangia al farmer e la picker.

 

Paolo Andrigo”: in questo viaggio Aromateller Expert ho scoperto che c’è la figura del farmer ma anche quella del picker, fondamentale perché senza di questa le drupe mature non potrebbero essere raccolte dall’albero. Oggi il picker prende circa lo 0,5% del prezzo di vendita del caffè e io che l’ho provato durante questi giorni, è un lavoro faticoso, impegnativo e che richiede un duro lavoro durante tutti i mesi della raccolta. Abbiamo così dimostrato che nell’esperienza di acquisto del caffè, sia lato B2B che in quello B2C c’è davvero ancora tanto da fare.”

 

Abbiamo parlato e affrontato il tema del consumo del caffè al bar ma dobbiamo anche evidenziare come ci sia anche un ampio mercato da esplorare e digitalizzare che è quello del consumo domestico. Qui in Italia, con mauro Illiano, abbiamo lanciato la prima Guida dei caffè e delle torrefazioni d’Italia, un progetto ambizioso che mette in diretta relazione il torrefattore, il barista e il consumatore finale. La Guida è digitalizzata in una app che in futuro sarebbe interessante evolvere permettendo al consumatore di esprimere un giudizio e una preferenza e collegarla alla macchina da caffè che ha estratto la bevanda in modo da mettere in relazione il prodotto, i parametri di estrazione e la preferenza del consumatore. 

 

Paolo Andrigo: “sarebbe interessante creare un ambiente digitale che permetta di mettere in relazione tutti gli attori della filiera bean 2 cup, in modo integrato che permetta di tracciare tutte le informazioni e agganciare i consumatori. La piattaforma può anche svolgere una funzione di TripAdvisor del caffè all’interno della quale si crea una classifica dei migliori caffè e in cui si lascia una mancia che viene equamente distribuita sulla filiera fino a raggiungere il farmer.

L’osteria Abraxas di Pozzuoli è il primo locale dove il caffè è servito con una carta dei caffè

Nando Salemme, oste di Abraxas, dopo il viaggio in finca Rio Colorado in Honduras, ha ripensato in chiave innovativa il caffè servito proponendo ai suoi clienti una nuova carta dei caffè. I caffè sono socialmente responsabili, in particolare uno proviene dalla comunità Slow Food di Las Capucas in Honduras. 

Abraxas è un luogo “magico”, si trova nello straordinario scenario dei Campo Flegrei e dalla sommità della collina dove è posizionato, la vista è mozzafiato, da un lato il lago, dall’altro il mare. Abraxas è guidata con grande maestria da Nando Salemme, chef e oste che ha costruito nel corso degli anni un’osteria moderna che incarna i concetti di qualità, ricerca nelle materie prime utilizzate con un accento particolare alla carta dei vini e da qualche tempo anche a quella del caffè.

 

L’intervista di Salemme inizia con una semplice domanda di presentazione: “Chi è Nando Salemme?”

“Nando Salemme è un oste cresciuto nel mondo della ristorazione come cameriere, il quale si è evoluto attraverso tanta formazione, corsi, conoscenze, viaggi e che cerca di portare a tavola le proprie conoscenze assieme al divertimento. Ciò che dico ai miei dipendenti è che la ristorazione è una combinazione di conoscenza e divertimento al servizio del cliente. Un oste deve essere anche un bravo psicologo e capire cosa desiderano i commensali di un tavolo: puoi ricevere degli esperti che vogliono arricchire le proprie conoscenze con le tue, puoi trovare persone che vogliono solo apprezzare del buon cibo senza particolari descrizioni oppure puoi trovare chi è li per divertirsi a tavola assieme a te.”

 

Come descrivi la tua osteria Abraxas?

“È la mia creatura, è il luogo dove continuo a esprimere le mie idee, è un luogo dove mi diverto e faccio divertire i miei clienti. È la mia casa, il posto dove mangio e bevo, dove conservo gelosamente in cantina le materie prime e i vini che scopro in giro per il mondo durante i miei viaggi. In particolare i vini che custodisco gelosamente mi piace servirli agli ospiti che vengono a trovarmi. Uno dei migliori complimenti che ricevo è quello di quando le persone percepiscono di sentirsi a casa: per esempio ho servito ieri sera a una coppia che conosco le prime fave raccolte da mio padre nel nostro orto… sono i gesti come questo che fanno sentire a casa il cliente, lo fanno rilassare e godere di ciò che ho preparato per lui. In Abraxas proviamo a far percepire questa emozione alla maggior parte delle persone che vengono a trovarci, sarebbe ipocrita e presuntuoso pensare di riuscire a farlo con tutti gli ospiti ma tutte le energie sono finalizzate a questo importante obiettivo.”

I tuoi ospiti vivono una esperienza fatta di cibo e vino. Quale filosofia sta dietro a tutto questo?

“La linea che guida l’acquisto dei vini è tracciata dai miei viaggi, dagli incontri, dalle degustazioni che faccio qui nel mio locale e dal confronto con sommelier e enologi. Per quanto riguarda le materie prime della cucina la scelta è quella, sempre, di partire da ingredienti di qualità che porta alla necessità di valorizzarlo nel piatto e quindi alla creazione di ricette e piatti ad hoc. In modo ambivalente, la scelta di un ingrediente può partire da un’idea di menu che si vuole realizzare e che porta alla ricerca del giusto ingrediente che sappia esprimerlo.”

 

Cosa rappresenta per te il caffè e cosa ha rappresentato per te prima del tuo viaggio in piantagione in Honduras?

“Il caffè inizialmente rappresentava semplicemente un servizio per il mio cliente, abituato a consumare questa bevanda come un rito di fine pasto senza alcuna attenzione alla qualità e al Flavore. Non mi ero mai interessato a questo prodotto così come invece ho fatto con tutto ciò con cui lavoro, dalle materie fino a qualunque oggetto, stoviglia, accessorio, di cui ho studiato e approfondito origine, lavorazione, tipologie, storia, ecc. Da ristoratore in passato ho agito alla “napoletana”, ovvero senza chiedermi nulla su questo prodotto che è legato a rituali, convinzioni e miti da sfatare. Grazie a Mauro Illiano, caffesperto e curatore della Guida del Camaleonte, si è accesa in me la lampadina e nel giro di 15 giorni decidemmo assieme di partire per l’Honduras partecipando al viaggio formativo Aromateller organizzato da Andrej Godina e Umami Area Honduras. Al mio rientro ho avviato un percorso di cambiamento che è partito dalla formazione del personale sul caffè fino a giungere a una carta dei caffè che prevede la somministrazione di quattro referenze di caffè di alta qualità di cui due classificati Specialty. Ho così iniziato a tresferire la mia esperienza ai miei clienti, ai quali nei pochi minuti a disposizione concessi a fine pasto, suggerisco di provare uno o più caffè da degustare, da condividere, da scoprire.”

 

In questo cambiamento di qualità e di Flavore del caffè c’è qualcuno che si lamenta della differenza o del prezzo del caffè?

“No, il caffè Specialty servito ha un costo di 3 euro, un prezzo adeguato al costo del mio menu che non implica differenze notevoli sul conto finale e pertanto non ha mai suscitato alcuna lamentela. Un cliente disposto a spendere 30, 40 o 50€ per una bottiglia di vino, di certo non ha di cui lamentarsi per il costo irrisorio di una tazzina di caffè. Molto clienti piuttosto hanno voluto ribadire la loro preferenza nei confronti di un caffè con la robusta, che comunque rimane di alta qualità, perché ne apprezzano il corpo, il gusto e la nota amara alla quale sono ormai abituati. Per tale ragione in carta continuo a proporre un blend di caffè con il 30% di specie Canephora.”

 

Salemme ha scelto nel suo locale di erogare il caffè con un sistema mono porzionato per assicurare ai loro clienti la possibilità di una scelta tra 4 referenze in modo che l’estrazione sia sempre costante e ottimale. In questa scelta non si è lamentato alla classica cialda in carta ma ha scelto di usare le cialde in formato TEN di Bfarm, cialde che permettono di erogare un espresso con 10 grammi di caffè. Grazie all’elevato dosaggio del caffè la cialda TEN permette di ottenere, anche dalle referenze Specialty, un caffè espresso intenso, corposo e dal corpo particolarmente viscoso.

 

Se dovessi rivolgerti ai tuoi colleghi ristoratori, cosa vorresti suggerire loro?

“Sarò breve, vorrei consigliare loro di continuare ad alimentare la curiosità a 360° nei confronti di tutte le materie prime, incluso il caffè!”

 

Per conoscere meglio Nando Salemme è possibile vedere l’intervista integrale al link https://www.youtube.com/watch?v=iA5QOCFytcg registrata nel 2021 in occasione delle riprese del docufilm Caffè & Vino.

 

Ringrazio Nando Salemme con l’augurio presto di ricambiare la sua presenza al campus di formazione Aromateller Expert che abbiamo fatto assieme in Honduras, con un viaggio in Francia nello Champagne alla scoperta dei piccoli Vigneron che Salemma ha selezionato per la sua carta dei vini.